In me vive il sentimento arcaico dei raccoglitori primitivi. È sempre presente, pronto ad essere attivato alla minima opportunità: potrebbe trattarsi di un cespuglio di mirtilli, qualche mela a i piedi di un albero o di un simpatico gruppo di giallini che fanno capolino tra il muschio.
Proprio per questo motivo sono finita in un ginepraio.
Mi ci sono cacciata con le mie mani ed è stato talmente piacevole che non volevo più uscirne.
Il ginepro è una pianta ammaliante. Ha lo charme odoroso delle conifere, i suoi coni sembrano delle bacche, masticandoli sprigionano un gusto dolce e poi amaro, facendo arrivare al naso i sentori aromatici della resina.
Arbusto magico e benevolo, protagonista di antiche leggende e riti pagani, sopravvissuti e fatti propri dalla tradizione cristiana.
I contadini lo piantavano davanti all’ingresso di casa, ne appendevano rami alle porte e alle stalle per proteggersi dagli spiriti maligni. La notte di Natale, veniva bruciato un ceppo a scopo propiziatorio: il suo profumo purificava l’aria (non a caso già greci e romani lo usavano come incenso), le ceneri venivano conservate e utilizzate tutto l’anno per riti scaramantici.
Nel Rinascimento le bacche erano considerate una panacea contro tutti i mali, anche quelli più funesti come peste e rabbia.
Oggi è rinomato per le sue proprietà tonificanti, disinfettanti e digestive. In ambito culinario lo si usa per aromatizzare e sgrassare carni di selvaggina e maiale, ma si sposa bene anche col sapore di alcune verdure, in particolare dei cavoli.
Dal legno di ginepro si ricavano utensili da cucina e mestoli, che scaldandosi rilasciano nei piatti l'aroma inconfondibile.
Inoltre grazie alla resistenza anche al più accanito dei tarli, il ginepro è considerato simbolo di eternità.
Insomma, c’è un mondo dietro a questa pianta, e per raccontarlo non basterebbe un libro.
Se la vostra curiosità è stata punzecchiata, non abbiate timore ad addentrarvi in un ginepraio e lasciarvi contagiare dal suo spirito.
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