Sospesi tra estate e autunno, tra Formazza e Devero, volando con lo sguardo su due laghi di alta quota.
I meteorologi dicono che questa estate senza fine lascerà spazio all’autunno proprio domenica notte. Neve sopra i 2000 metri.
Ti va di andare al Vannino, ad annusare le erbe e a raccogliere gli ultimi mirtilli prima che arrivi la neve?
È anche l’ultimo weekend di apertura del rifugio Margaroli e della seggiovia per Sagersboden.
Così finiamo per lasciarci trasportare, gambe a penzoloni, dai seggiolini rossi che assomigliano tanto a quelli di trent’anni fa, immortalati in una foto che ritrae mio papà e il suo amico Renzo, sorridenti.
Non lo è per niente Massimo stamattina: un po’ perché la seggiovia non lo rassicura e un po' perché in montagna si va solo a piedi.
Ha ragione, ma ormai è inutile farsi prendere dai sensi di colpa, quindi mi godo la vista: a valle Valdo è ancora in ombra, ma in alto il bosco è già lambito dalla luce.
La giornata si fa decisamente più tiepida man mano che il sole si alza. Lo rincorriamo sui tornanti che salgono tra abeti e larici.
Di mirtilli sotto i 2000 metri, nemmeno un miraggio. Dove finisce il bosco trovo alcuni superstiti dell’estate destinati a soccombere dopo il mio passaggio.
Ci fa compagnia anche la luna, che presto svanisce dietro le prime nuvole della giornata.
Intanto la strada si fa più dolce, fino al lago è tutta in falso piano. Sulla nostra sinistra, il Rio Vannino soddisfa la sete degli arbusti che crescono aggrovigliati lungo le sue rive.
A lato del sentiero una massa di Epilobio ormai sfiorito dona un tocco rosa-fucsia al paesaggio.
É una pianta di cui ho memoria fin dalla più tenera età, forse per via dei suoi bei fiori e dei suoi semi pelosi, o forse perché è diffusa un po’ ovunque nelle valli ossolane. Di recente ho scoperto che ha un sacco di proprietà: antinfiammatorie, diuretiche e emollienti. È una pioniera, riconquista i greti dei fiumi dopo le alluvioni, ma anche i terreni che hanno subito incendi e bombardamenti. In inglese il suo nome è fireweed: erba di fuoco.
Più in alto la ritroviamo ancora in fiore, riflessa nelle acque del lago Sruer, la nostra meta di oggi.
Prima però passiamo dal Vannino: come altri laghi di questa zona occupa una conca di origine glaciale e di conseguenza esisteva anche prima della costruzione della diga per lo sfruttamento idroelettrico.
Tanti escursionisti si fermano qui, attirati dal rifugio Margaroli e dal suo menù. Noi continuiamo la salita che ci offre la vista dell’invaso dall’alto. Con gli occhi seguiamo i disegni che si creano nel terreno dove l’acqua dei torrenti confluisce nel lago.
Bastano soli 20 minuti per arrivare allo Sruer, che si trova in una conca posta 150 metri più in alto. Il turchese intenso del lago crea un notevole contrasto con i prati ormai ingialliti dove fanno capolino gli ultimi sporadici fiori.
Anche lo Sruer è chiuso da una diga, dotata di un canale che in caso di piena convoglia le acque direttamente nel sottostante bacino di Vannino. Cerchiamo una traccia a lato dello scivolo, ma ci rendiamo conto che il sentiero è troppo ripido ed esposto e torniamo sui nostri passi.
La discesa trascorre veloce tra i panorami che ci hanno accompagnato all’andata. In breve tempo siamo già alla antica dighetta. Nei pressi è segnalata la deviazione per il rifugio Myriam, che nascosto dai larici si affaccia sulla torbiera sottostante. Un’altra manciata di passi e arriviamo alla seggiovia che ci riporta a Valdo.
Intanto il cielo si è coperto e ci accarezza una lieve pioggia. Durante il tragitto salutiamo una famiglia: mamma e figlia seguite dal papà salgono ora al rifugio. Un incontro fugace, che dura il tempo di superare il pilone e ci regala il sorriso di una bimba felice.
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